La legge regionale che ha introdotto il blocco triennale della pesca dei ricci di mare in Puglia non viola la competenza legislativa statale esclusiva nella materia tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale che ha confermato la regolarità del provvedimento, approvato dalla Regione il 28 marzo 2023, che introduce il divieto, fino al 2025, di prelievo, raccolta, detenzione, trasporto, sbarco e commercializzazione degli esemplari di riccio di mare (Paracentrotus lividus) e dei relativi prodotti derivati freschi, “per garantire un periodo di riposo della specie, preservando la risorsa ittica e scongiurando il rischio di estinzione dovuto ai massicci prelievi.”
Il fermo, in vigore da maggio 2023, riguarda la pesca locale e non la commercializzazione dei ricci di mare provenienti da fuori regione, provvisti di tracciabilità
La legge pugliese è stata, però, contestata davanti alla Corte Costituzionale dall’Avvocatura dello Stato, in rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Per il Governo, infatti, non rientrerebbe nel potere delle Regioni imporre blocchi della pesca, semmai la competenza sarebbe del Ministero dell’Agricoltura. Di diverso avviso i giudici della Corte Costituzionale che, nella sentenza n. 16/2024, hanno dichiarato “non fondata” la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla difesa di Palazzo Chigi.
La Puglia, ha stabilito la Consulta, ha messo in campo “una misura specifica, concernente un fermo pesca disposto una tantum, che si riverbera temporaneamente su un’attività che si svolge sui fondali posti a breve distanza dalle coste pugliesi e che riguarda una risorsa ittica, il cui consumo è strettamente correlato al territorio e alle tradizioni locali, tant’è che la misura è la conseguenza di un massiccio sovra-sfruttamento” e “la soluzione” del fermo pesca non è “incompatibile con una possibile modulazione di interventi legislativi regionali, mirati a risolvere specifiche criticità locali“.
La Corte Costituzionale ha rilevato che la disciplina regionale si pone nel solco dell’esigenza di disciplinare la pesca in conformità a obiettivi della stessa Unione europea e che “non si può dubitare che incidano in melius sulla tutela ambientale, e nello specifico sulla protezione del riccio di mare, che è parte dell’ecosistema marino, norme che indirettamente agevolano la riproduzione di tale specie animale“.
Nel ricorso, la difesa di Palazzo Chigi aveva anche fatto presente che non esiste un “mare territoriale regionale”. Su questo punto, salvando il blocco della pesca che prevede indennizzi per i pescatori ‘fermi’, la Corte Costituzionale ha concordato con la difesa erariale e ha modificato la legge laddove faceva riferimento ai termini “mari regionali”. Per il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, “la Corte ha statuito per la prima volta un principio rivoluzionario, e cioè che le Regioni hanno il diritto/dovere di proteggere il mare e le sue risorse nella zona di loro competenza.”