L’Italian Sounding ha un impatto economico negativo sulla Puglia pari a 2,8 miliardi di euro. È quanto emerge dalla ricerca di The European House – Ambrosetti, realizzata in occasione dell’’8° forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage” in programma a Bormio il 7 e 8 giugno. I dati evidenziano l’impatto economico delle vendite dell’imitazione di prodotti di eccellenza dei territori italiani all’estero. In particolare, la Puglia soffre per l’imitazione di olio e prodotti agricoli.
Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna le regioni maggiormente colpite dal fenomeno con una perdita complessiva pari a 30 miliardi di euro
Prima della Puglia nella classifica, il Piemonte, la Campania, la Toscana e il Trentino-Alto Adige. Secondo lo studio, nel 2023 i consumatori esteri hanno acquistato 63 miliardi di prodotti tipici italiani “falsificati” che non provengono dal nostro Paese. Questo significa che il valore dell’export Food&Beverage italiano sarebbe più che raddoppiato a 126 miliardi di euro sommati ai 62 miliardi di export agroalimentare di vero Made in Italy.
Ragù, parmigiano e aceto balsamico sono i tre prodotti più presenti in versione “imitazione” sugli scaffali della grande distribuzione all’estero. Secondo i dati The European House – Ambrosetti, seguono pesto, pizza surgelata, prosciutto, pasta di grano duro, ma anche prosecco, salame, gorgonzola e olio extra vergine di oliva.
“L’Italian Sounding – spiega in una nota Valerio De Molli, Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti – si può contrastare attraverso iniziative economiche e industriali in sinergia con un cambiamento culturale soprattutto nella consapevolezza del consumatore estero. Certamente è prioritario realizzare investimenti produttivi, ma anche comunicare con efficacia il “Made in Italy” con iniziative di educazione del consumatore. Da un lato la riduzione delle barriere doganali e l’internazionalizzazione della filiera italiana della distribuzione possono essere fattori determinanti così come una forte disincentivazione all’indicazione fallace in etichetta, ma anche la creazione di ambasciatori del Made in Italy e l’adozione di tecnologie che permettano una precisa tracciabilità del prodotto”.