25 Ottobre 2024

Aumentate nel 2023 le importazioni di grano, prezzo ancora in calo

Sono cresciuti gli arrivi dall’estero di frumento, secondo i dati l’Associazione Nazionale Cerealisti, mentre si riduce al Sud la superficie coltivata a grano duro

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Sono aumentate le importazioni di frumento nel 2023 in Italia, mentre è ancora in calo il prezzo del grano sulle piazze nazionali. Secondo i dati diffusi da ANACER, l’Associazione Nazionale Cerealisti, nei primi 10 mesi del 2023 sono aumentate di 1,1 milioni di tonnellate nelle quantità (+6,2%) e di 169,4 milioni di Euro nei valori (+2,2%) le importazioni in Italia di cereali, semi oleosi e farine proteiche, rispetto allo stesso periodo 2022. L’aumento dei quantitativi importati si deve soprattutto agli arrivi dall’estero di frumento, sia grano tenero che grano duro.

© Foto: Puglia Verde

Nel 2023 sono aumentate di 1,2 milioni di tonnellate le importazioni di grano duro e di 503.000 tonnellate quelle di grano tenero

La produzione italiana di grano duro è deficitaria rispetto alle richieste dell’industria di trasformazione, per cui l’industria sarà sempre costretta a importare grano duro e grano tenero,” spiega ai microfoni di Puglia Verde Michele Caiano, imprenditore agricolo di Foggia. “Questo, però, porta a un deprezzamento del prodotto nazionale, che invece andrebbe valorizzato”.

Non si tratta di fare la guerra alle importazioni – è il ragionamento dell’imprenditore – quanto di certificare la produzione nazionale, perché il consumatore possa sempre sapere se nei prodotti che acquista c’è veramente grano 100% made in Italy. Così come andrebbero valorizzati, sostiene Caiano, quei pastifici che oggi fanno filiera, con linee dedicate al solo prodotto italiano.

© Foto: Puglia Verde

La diminuzione del prezzo del grano è solo uno dei problemi che devono affrontare i produttori. A non far quadrare i conti delle imprese agricole è soprattutto l’aumento dei costi di produzione. “Gasolio, concime, sementi, prodotti fitosanitari, quasi il 20% di spese in più,” spiega Caiano. Sempre più impattante, inoltre, è la variabile climatica. “Se la produzione dell’anno scorso non è stata eccezionale – sostiene l’imprenditore – quest’anno sembra anche peggio, a causa della mancanza di acqua. A Foggia non piove da più di un mese. A distanza di due mesi dalle semine, c’è molto seme che non è nato.”

Il prodotto nazionale sconta, poi, “una riduzione delle superfici, anche per via della  Politica Agricola Comune, con l’obbligo delle rotazioni e del 4% di superficie a riposo, e con una deroga arrivata ormai troppo tardi. E soprattutto nel Sud Italia – continua Caiano – si registra dal 20 al 25% in meno di superficie coltivata a grano duro. Questo, insieme all’aumento dei costi, al minor appeal dei prezzi di mercato e al fattore climatico, non farebbe presagire buone prospettive neanche per il prossimo raccolto, almeno in termini di quantità.”

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